Bambini, Febbraio 2023

La letteratura internazionale dell’ultimo decennio offre significazioni rispetto alla nozione di agency che presentano sfumature differenti: James e Prout (1990) la definiscono come la capacità riconosciuta a bambine e bambini di agire in modo indipendente, influenzando in maniera significativa contesti ed esperienze di vita. Tale definizione appare rilevante per poter rileggere le esperienze dei bambini, anche alla luce di documenti internazionali e paradigmi educativi che invocano un maggiore riconoscimento del ruolo attivo che bambini e giovani dovrebbero rivestire nella società contemporanea, approcciando mondi e vissuti da una prospettiva diversa. Bambine e bambini sono soggetti competenti ed esperti delle loro vite, capaci di agire a pieno titolo come membri della loro comunità: tale visione è frutto delle influenze della sociologia dell’infanzia, che ha permesso una transizione significativa da una concezione di bambino inteso come soggetto vulnerabile e da proteggere, a un’immagine che ne riconosce pienamente competenze, capacità, intenzionalità e diritti inviolabili, anche da un punto di vista istituzionale. A questo proposito, la Convenzione Internazionale sui Diritti del Fanciullo tematizza il diritto alla piena partecipazione ed enfatizza l’unicità della prospettiva infantile, portatrice di pensieri, bisogni e desideri unici. 

Appare dunque di cruciale importanza riflettere da un punto di vista teorico ed esperienziale su cosa significhi riconoscere e valorizzare l’agency di cui bambine e bambini sono portatori a partire dalla legittimazione di pratiche e contesti quotidiani, affinché si possa coltivare l’esercizio di una cittadinanza attiva, lo sviluppo di autentiche esperienze democratiche e un vero ascolto della voce dei più piccoli.